Quello nella foto è un risotto al radicchio trevigiano e speck sud-tirol, indubbiamente ho usato uno fra i radicchi più buoni: delicato, dolce e non troppo amaro. Questo si presta benissimo ad accompagnare primi piatti e nel caso specifico un risotto.
Ma per un buon risotto quello che davvero conta è il riso: ecco, qui si potrebbe scrivere per pagine e pagine su quale sia il tipo di riso migliore ad ogni piatto ma non voglio occuparmi di questo. Preferisco concentrare le prossime righe sulla fase più importante e indispensabile ovvero la tostatura.
Forse qualcuno neanche si immagina di dover eseguire questa fase ma non c’è risotto senza tostatura del riso.
Io la faccio quasi sempre a secco: scaldo a fuoco medio la casseruola senza condimento alcuno, quando percepisco che è calda abbastanza verso in essa il riso e, girandolo molto frequentemente, faccio in modo che i singoli chicchi si tostino senza imbrunirsi troppo per pochissimi minuti, uno o due: questa operazione permette di “sigillare” il chicco mantenendo il suo amido all’interno e evitando, una volta che la cottura sarà ultimata, di avere un “pappone”. Una volta effettuata la tostatura spesso bagno il riso con un buon vino (bianco o rosso a seconda della tipologia di risotto che dovrà poi essere fatto), lo faccio sfumare a fuoco vivo così che la parte alcolica evapori rapidamente e poi inizio a bagnare il riso con del brodo vegetale ( o altro…) per portarlo lentamente a cottura.
Ecco, da qui in poi potete sbizzarrirvi ad aggiungere qualsiasi ingrediente (magari già cotto, come ho fatto io con il radicchio): se avrete fatto un’ottima tostatura metà del piatto sarà già venuto bene indipendentemente da come andrete a concluderlo.
La percezione del buon risultato ce l’avrete quando, gustando il vostro risotto, riuscirete a individuare la singolarità del chicco in un in turbinio unico di sapori.
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