Mi ritengo una persona fortemente curiosa, specialmente in ambito culinario e questo mi porta a assaggiare anche cose che per il loro aspetto mi direbbero “stai lontano da me”: è chiaro, anche io ho i miei limiti e certe cose difficilmente riesco ad accettarle…ad esempio non mi piace il sedano, non c’è verso, ho proprio un senso di rifiuto per questo ortaggio. Ciò nonostante tanta è la curiosità che io, amante del solo tagliolo di ciccia, in una bellissima e recente occasione ho avuto modo di assaggiare cose che “voi umani” non avete mai né visto né sentito. E’ stato per me un privilegio qualche settimana fa poter cenare all’Enoteca Pinchiorri e, se qualcuno di voi non sa di cosa io stia parlando vi prego di cospargere il vostro capo di cenere, perché avete peccato. Per me è stato come realizzare un sogno, vivere un’esperienza che va bel oltre “il mangiare”, è quella che io definirei un’esperienza “extrasensoriale”, nella quale sì, ovviamente si mangia, ma ancor più ci si appaga mente e spirito di emozioni che solo ambienti come l’Enoteca credo sappiano suscitare. La gentilezza la fa da padrona, e appena entrati, si ha l’idea di essere in un ambiente “quasi” familiare, certamente formale ma non così da farti sentire a disagio come a volte accade in certi posti. L’accoglienza è immediata e, da quando metti il piede dentro l’enoteca a quando esci, sei sempre “accompagnato” in modo discreto da camerieri, personale di sala ecc, che sanno fare il proprio lavoro egregiamente. Per noi “umani” che varchiamo la soglia per la prima volta dell’enoteca si apre un nuovo mondo: si inzia con la carta delle acque….cosa?????…sì, avete capito bene, la carta delle acque. Ovviamente ho dato del mio meglio, sfogliandola con attenzione e scegliendo, schiarendomi la voce prima di pronunciarla, una bottiglia di “ottima” acqua Panna. La carta delle acque offriva bottiglie con cifre impensabili pensando che si tratta “solo” di acqua ma, se si considera che provenivano da mezzo mondo….. Fatta la fatica di scegliere l’acqua è arrivata la carta del menù e, da bravi signori che sono, per le donne è senza prezzo mentre, per gli uomini la carta riporta gli importi pietanza per pietanza. Lì mi si sono illuminati gli occhi leggendo le meraviglie che avrei potuto mangiare. La scelta è ricaduta sul menù di degustazione della carta che avrebbe permesso un assaggio di ben nove portate. Ecco quali sono state:
Lamelle di branzino marinate al limone verde e menta, quinoa al ginger e sugo di vongole.
Bocconcini di sgombro al nero di seppia, purea di zucchine trifolate; gelatina di barbine rosse e limone.
Uovo in camicia e poi croccante, spinaci novelli e maionese al peperoncino.
Spaghetti alla chitarra, frutti di mare, pomodorini canditi, briciole di pane con bottarga.
Carré di agnello in crosta di frutta secca, fagiolini all’aglio e composta di pomodoro affumicato.
Noci di capesante, crema di ceci, lardoni e salvia fritta.
Agnolotti di patate e pesto, con calamaretti al vino bianco.
Maialino di razza “Mora Romagnola” con melanzane, cipolle e zucchine marinate.
Albicocca, Amaretto e latte di mandorla
Ora, non ditemi che davanti a tanta bontà si possa rimanere indifferenti: certo, è un menù ardito e per tanti aspetti anche incomprensibile. Nello stesso menù si spazia da carne a pesce (e che carne, e che pesce…) all’uovo in camicia.
Unica pecca, se così la si vuol dire, sono stati i dolci che, seppur originali e di ottima qualità, non mi hanno affatto entusiasmato.
Infine lei, Annie Feolde: signora insuperabile della cucina, la sua disponibilità al dialogo attento con il cliente, la sua esperienza quarantennale “dietro ai fornelli”….meravigliosa sotto tutti i punti di vista. Ho avuto modo di fermarmi a parlare con lei, è stata disponibilissima a raccontarsi e a soddisfare le mie domande, è stato come dialogare con un libro di storia culinaria, lei, la prima donna in Italia a conquistare le tre stelle Michelin.
Emozioni al 100% garantite.